Intervista a Miguel Fernández Martínez, giornalista cubano e corrispondente dalla Siria dell’Agenzia di Stampa latinoamericana Prensa Latina.
D. L’embargo degli Stati Uniti colpisce il popolo cubano anche nella comunicazione, Internet, radiodiffusione. Qualcosa di simile avviene anche con la Siria?
R. Tutti gli embarghi sono dannosi perché le vittime sono i poveri. Cuba lo sa bene; dopo aver affrontato per più di 50 anni un criminale blocco imposto dagli Stati Uniti, ha avuto finora perdite e danni per più di 833.755 milioni di dollari. Le potenze occidentali nei confronti della Siria, guidate dagli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito non hanno mostrato alcuna pietà. Hanno bloccato le esportazioni, tutti i contratti, hanno congelato i conti bancari. Hanno interrotto i segnali satellitari, in modo che la verità non venga a galla. Infine, hanno attuato una campagna mediatica destinata a destabilizzare, rompere e distruggere l’unità del popolo siriano, e minare la sua resistenza contro l’aggressione terrorista finanziata dall’Occidente.
D. Ci parli del governo di Bashar al-Assad. Come era la vita in Siria prima dell’intervento degli Stati Uniti e dell’Europa?
R. Il presidente Bashar al-Assad è diventato il capro espiatorio dei maggiori circoli di potere internazionali per cercare di ripetere in Siria quello che hanno fatto in Afghanistan, Iraq, Yemen, Libia e altri paesi della regione. Da molto tempo prima della crisi iniziata nel 2011, al-Assad è stato preso di mira da Washington e dalle sue agenzie di intelligence, destinato a diventare una vittima dell’avidità imperiale per non aver ceduto alle disposizioni della Casa Bianca.
Da quando il presidente al-Assad è salito al potere dopo la morte del padre Hafez al-Assad, ha proseguito le politiche pan-arabiste di unità regionale, che hanno dato molto risalto alla Siria nel Movimento dei Paesi Non Allineati. Al-Assad non ha venduto l’economia nazionale al FMI, seguendo l’esempio di suo padre, il più importante sostenitore della causa palestinese per la restituzione dei territori occupati da Israele e del ritorno di milioni di profughi palestinesi al loro luogo di origine. La Siria è sempre stata uno dei peggiori nemici di Israele, che ha condannato per le sue politiche espansionistiche, chiedendo la restituzione delle alture del Golan, occupate illegalmente dall’esercito israeliano dal 1967. A questo, bisogna aggiungere la solida amicizia tra il governo di Damasco e la Repubblica islamica dell’Iran, unite da legami storici di amicizia e cooperazione.
Bashar al-Assad ha promosso la modernizzazione della società siriana, iniziata dal padre negli anni ’70, ha difeso il concetto di Stato laico, imponendo la legge dello Stato su ogni religione e il diritto di coesistenza di una popolazione multietnica. Né ha permesso la privatizzazione del settore petrolifero e delle industrie più importanti del paese. Per tutti questi motivi è stato un obiettivo da distruggere da parte delle amministrazioni neocoloniali degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei.
D. In Siria è in corso una guerra civile?
R. Mi rifiuto di accettare la tesi che qui sia in corso una guerra civile. È falso come il sole che sorge di notte. Quello che succede qui è un aggressione internazionale organizzata dalla NATO. Il Dipartimento di Stato nordamericano e i servizi segreti israeliani sono riusciti a riunire le monarchie del Golfo Arabia Saudita e Qatar, insieme ai governi di Giordania e Turchia, per iniziare l’assedio della Siria. Le strategie per avviare la crisi erano chiare. Hanno cercato di portare in Siria gli effetti sperimentati da altri paesi di quella che è divenuta nota come la primavera araba, un mostro destabilizzante che ha lasciato conseguenze dolorose in ogni paese in cui è stata imposta. Per questo hanno usato diversi metodi. Uno era la manipolazione dei Fratelli Musulmani, che era già stata utilizzata in Egitto, Libia, Tunisia e altri paesi, cercando di dare una caratteristica religiosa alle proteste, oltre ad altre politiche destabilizzanti organizzate dall’ambasciata degli Stati Uniti.
Non è un segreto che durante le presunte manifestazioni popolari nel marzo 2011 quando ebbe inizio il conflitto, l’ex ambasciatore USA a Damasco, Robert Ford, era sempre in viaggio nelle varie province per incontrare i leader dell’opposizione e per finanziare le proteste. In quelle manifestazioni “popolari” c’erano uomini armati che sparavano contro la polizia. Hanno creato il caos e la violenza, perché è stato tutto ben progettato per generare destabilizzazione e far posto ai gruppi jihadisti, organizzati, armati e addestrati dall’Occidente, in attesa alle frontiere della Giordania, a sud; della Turchia, a nord, e dell’Iraq a est. Non è un segreto che l’auto-proclamato Free Syrian Army, composta per lo più da disertori dell’esercito siriano, è stato finanziato da Parigi, e nel suo processo di disintegrazione, la maggior parte dei suoi membri è passata alle bande dei terroristi dello Stato islamico o di al-Nusra, il braccio armato di Al Qaeda in Siria.
Un altro modo utilizzato per attaccare la Siria è stato attraverso il reclutamento di mercenari provenienti da più di sessanta paesi, che vengono istigati da leader religiosi estremisti che chiamano al jihad o guerra santa contro il governo legittimo in Siria. Alla fine, quattro anni dopo l’inizio di questa guerra di rapina, le forze sono state concentrate in due gruppi principali. Da un lato le forze armate siriane, con un esercito di quasi 350.000 uomini, in collaborazione con le unità di milizia conosciuta come Difesa nazionale, e dall’altra gruppi terroristici che continuano a provocare caos e terrore. Continue reading
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